Già da diverso tempo avevo deciso di scrivere il nuovo editoriale ancorandolo all’inizio del nuovo anno scolastico. Un momento atteso un po’ da tutti: dagli scolari e dagli studenti, in parte in spasmodica e positiva brama, in parte malinconici di un’estate vacanziera ormai alle spalle. Un momento atteso dai genitori, in parte con quell’irresistibile voglia di avere casa un po’ più ordinata, in parte terribilmente affranti dal non poter guardare i propri figli ogni singolo secondo. Un momento atteso dai professori, dagli amministrativi, dai bidelli: anche qui con sprazzi di felicità e altrettanti con disturbi di ansia da separazione dall’ombrellone. Un momento atteso dai commercianti che potranno ricominciare a fare un po’ di cassa con le merende, i quaderni, i libri, i grembiuli e tutto quell’enorme ambaradan che la scuola impone. E poi c’è chi – il resto della popolazione – sperava che questo giorno non arrivasse mai: tutti quelli che non hanno nulla in comune con la scuola ma che saranno costretti a passare gran parte delle proprie giornate bloccati nel traffico o alla ricerca di un parcheggio, vero o di totale fantasia.

Avevo già abbozzato gran parte di questo scritto, prima di riflettere e decidere che non avrei parlato del primo giorno di scuola ma del secondo giorno di scuola. Che differenza c’è?, vi chiederete in molti. E io rispondo: c’è un’enorme differenza che proverò a spiegarvi senza appesantire troppo un editoriale che – per antonomasia – potrebbe già risultare inutile a gran parte dei lettori.

Il primo giorno del nuovo anno scolastico è bellissimo: si rivedono i compagni dell’anno prima, si scoprono i nuovi docenti, c’è un primo approccio con nuove materie, nuovi professori, altre volte con nuove scuole. Il secondo giorno cambia già tutto: la sveglia delle 7 (o delle 6.30, o delle 6, per alcuni delle 5.30) è già un fardello insopportabile, i compiti per casa fanno capolino sul diario, la routine è lì pronta a dominare. Chi non ha studiato proverà ad arrampicarsi sugli specchi per saltare un’interrogazione, chi avrà studiato e prenderà un buon voto sarà felice solo per pochi minuti, prima di sentirsi parte di una classaccia dove solo 2 o 3 riescono ad eccellere. E quando sono solo 2 o 3 ad eccellere il risultato è pur sempre negativo, nella scuola come in tutti gli altri settori. In città se una via commerciale presenta solo 2 o 3 negozi ben fatti e ben allestiti, nessuno avrà voglia di andarci per fare shopping. Nel turismo se solo 2 o 3 alberghi di un’intera costa risultano puliti, confortevoli ed accoglienti, nessuno prenoterà una vacanza col rischio di finire in strutture non adeguate. In politica se solo 2 o 3 esponenti di partito risultato leali ed onesti, nessuno voterà per un’intera lista che rischia di essere corrotta o collusa. Con buona pace di chi il primo giorno di scuola ha fatto di tutto per essere perfetto. Ma è dal secondo giorno che si giudica, si valuta e si guadagnano buoni voti. È dal secondo giorno che studenti, negozi e personaggi pubblici devono sfoggiare il meglio. E se tutti iniziassero a fare i compiti a casa senza copiare nascerebbero classi (economiche, politiche, sociali) piene di eccellenze. E allora se la 3a B diventerà una super classe, con tanti bravi studenti, tutta la sezione B inizierà ad essere vista come una super sezione e tutta la scuola ad essere etichettata come una super scuola. Funziona così. Dal secondo giorno in poi.

Massimiliano Raffaele

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