Nel momento in cui questo editoriale viene scritto, alla Camera di Commercio
di Catanzaro è stata legittimamente ripristinata l’agibilità democratica. Categorie produttive, mondo delle professioni, rappresentanze sociali, siedono nuovamente negli organi di governo dell’Ente (confortate anche dal recente pronunciamento della Corte Costituzionale) e questa è la migliore garanzia che il nostro
territorio potesse auspicare per sé. Non si è certo trattato di rivendicazionismo fine a se stesso, né tantomeno dell’ambizione ad “occupare spazi”.

Chiunque, infatti, è in grado di capire valore, importanza e ruolo di un luogo istituzionale
praticabile, in cui la pluralità delle voci che concorre a formare il sistema socio economico
possa esprimersi pienamente, direttamente, per trovare infine la sintesi migliore nell’interesse generale. Detto questo, riteniamo che non vi sia nulla da aggiungere e che dunque la nostra agenda, da qui in avanti, debba contenere altro. Innanzi tutto, i punti fermi e cioè unità e senso di responsabilità all’interno degli organi di governo dell’Ente. Sono questi i due pilastri su cui la Camera di Commercio del capoluogo di Regione ha costruito negli anni la credibilità e l’autorevolezza che nessuno, anche volendo, sarebbe oggi in grado di mettere in discussione.

L’Ente rappresenta da tempo un esempio limpido di buona gestione della Cosa Pubblica sotto molteplici aspetti: da quello finanziario a quello patrimoniale a quello progettuale, fino alla qualità dei servizi offerti, essendo stata – nell’ambito di un sistema camerale efficace di per sé – tra le prime in Italia a raccogliere la sfida della modernità telematica. A tutto questo si aggiunga una serie corposa di “sensibilità”, sicuramente non comuni, che testimoniano la peculiarità della filosofia con cui la nostra Camera di Commercio
ha inteso assolvere il suo ruolo di istituzione pubblica.

Il riferimento è in particolare all’impegno concreto, profuso in ambiti come il sociale o
la cultura. Un impegno scaturito dalla convinzione che non solo quelli squisitamente
economici ma tutti i comparti dell’agire, se opportunamente sostenuti e stimolati, possano
concorrere a determinare, anche indirettamente, la crescita del territorio. Se la mole di risultati conseguiti è lì, disponibile per chiunque volesse verificarla, è proprio in virtù di
quei due pilastri richiamati in precedenza e cioè unità e senso di responsabilità, due facce
della stessa medaglia, due principi ispiratori dell’azione di governo dell’Ente, del lavoro
svolto al servizio della collettività e che per questo rimangono saldamente in cima alla nostra agenda.

Vi rimangono a maggior ragione oggi, che le novità del quadro normativo impongono un protagonismo diverso ma, soprattutto, lo impone la realtà calabrese così piena di contraddizioni oggettive. Una realtà che mentre evidenzia ancora ritardi e problemi insoluti, a cominciare da quello del lavoro, lancia al contempo segnali importanti e preziosi lungo la direttrice di una concreta potenzialità di sviluppo, del tutto diversa rispetto ai tradizionali modelli del passato.

Su tutto il territorio regionale osserviamo infatti il prendere corpo di iniziative che puntano a trasformare le cosiddette risorse endogene da elemento quasi esclusivamente folcloristico in fattore produttivo. Lo fanno senza mortificarle ma, al contrario, valorizzandole per quello che semplicemente rappresentano e cioè la nostra “cultura”.

Stiamo parlando di iniziative nel campo dell’arte, dell’artigianato tradizionale, della cura del patrimonio, delle nuove forme di turismo sostenibile, della valorizzazione delle risorse naturali. Anche il settore dell’innovazione, contrariamente a quanto possono pensare i distratti, è parte di questa dinamica, se è vero com’è vero che spesso è proprio grazie agli strumenti offerti dalla rete che le iniziative di cui stiamo parlando riscuotono successi assai significativi.
Sono quasi sempre i giovani a farsi protagonisti di queste vere e proprie avventure che rappresentano un sfida a viso aperto alla cultura della rassegnazione, del vittimismo, del fatalismo passivo.

Insomma una sfida ai mali atavici di una regione che, proprio attraverso questi processi,
sembra volersi restituire a se stessa nella sua veste migliore. Su questi germogli di rinascita, hanno da tempo acceso i loro riflettori i ricercatori e i commentatori più attenti confermando che nessun destino cinico e baro pesa sulla nostra regione e che una narrazione diversa della Calabria è possibile. Ebbene, sono questi gli altri temi che riempiranno la nostra agenda nei mesi a venire. Non possiamo permetterci distrazioni perché il momento è dei più delicati. Ci sono punti di crisi da affrontare perché qui, a differenza di altre aree del Paese, la crisi morde ancora. E ci sono elementi di novità da seguire e accudire perché probabilmente incarnano la speranza. Su questo ci impegneremo, con spirito di unità e senso di responsabilità, coscienti di guidare un Ente dalle spalle larghe e robuste.