Quella particolare dimensione del disagio personale che si manifesta in casi di forte indebitamento economico, col rischio di scivolare nella trappola usuraia è un fenomeno difficile da definire, anche per via di situazioni in cui a fronte di po- chi che chiedono aiuto, sono ancora molti ad affrontare il problema in solitudine, oppu- re, peggio ancora, a rivolgersi ai soggetti sbagliati.

Fortunatamente già da qualche tempo lo Stato ha varato delle leggi per prevenire l’usura e sostenere chi incontrasse tali difficoltà, che si sviluppano soprattutto nelle famiglie ed in quel microcosmo rappresentato dai piccoli imprenditori. A supporto di tali leggi, come la n° 108 del 7 marzo 1996, sul territorio esi- stono organismi che si fanno totalmente carico del proble- ma. È il caso della Fondazione “Santa Maria del Soccorso” di Catanzaro, ubicata al civico 193 di Via Carlo V, costituitasi nel 1996 per iniziativa dell’arcivescovo Antonio Cantisani. Si tratta di un’associazione di volontari aderente alla Consulta Nazionale Antiusura e perciò iscritta nell’apposito elenco del Ministero del Tesoro. La Chiesa locale, comprendendo il bisogno non procrastinabile di agire anche in questo delicato ambito del Terzo Settore, pur di muovere i suoi primi passi senza attendere gli esagerati tempi della burocrazia mette immediatamente a disposizione della nascente Fondazione un importo pari a duecento milioni di lire, divenendo poi pienamente operativa a partire dal 1999.

Se pensiamo che il primo anno si sono rivolti alla Fondazione soltanto tre persone mentre oggi sono circa duecentocinquanta coloro i quali bussano annualmente alla sede di Via Carlo V per chiedere un sostegno, risultano evidenti l’urgenza e l’impatto sociale di quest’opera, che sin dalla prima ora ha trovato in don Pino Silvestre il braccio, laddove mons. Cantisani è stata la mente.

Ma il cuore pulsante della “Santa Maria del Soccorso” è il dottor Giuseppe La Fauci, chiamato a presiedere il Centro più di vent’anni fa direttamente dal vescovo Cantisani. La Fauci, messinese trapiantato a Catanzaro, oggi è un anziano signore, delicato e garbato, quaranta- quattro anni trascorsi a lavorare in banca e perciò attento co- noscitore delle logiche bancarie e finanziarie; e proprio in virtù della sua lunga attività lavorativa ha avuto modo di intercet- tare tante storie umane, a volte tristi e tragiche come quelle di chi, vanamente, si è rivolto agli istituti di credito per uscire dalla palude di situazioni debitorie disastrose. Accetta subito l’invito del Vescovo e si butta in quest’avventura, la cui dimen- sione di sofferenza può essere solo minimamente immaginata da chi sia estraneo alla tentazione di rivolgersi ad uno strozzino. Mentre da bancario il lavoro devi portarlo avanti tra carte e rigidi formalismi, da volontario di un centro antiu- sura il lavoro ti apre e avvicina alla conoscenza più vera delle persone, ti insegna ad ascol- tarle, a capirle, a incoraggiarle; ma pure a correggerle laddove

sia necessario farlo. E qui vie- ne fuori l’ispirazione che più di vent’anni fa mosse la creazione del centro “Santa Maria del Soccorso”. È don Pino Silvestre a dircelo: «Attraverso la nostra Fondazione si possono aiutare le persone, e lo si fa in linea col pensiero della Chiesa che, in questo ambito, cerca di far capire come il denaro sia solo uno strumento che occorre saper utilizzare, che i beni e l’approc- cio alla vita quotidiana devono essere improntati alla sobrietà, al buon uso, evitando ogni forma di spreco». Ci dice ancora: «La gente spesso si indebita per sciocchezze, perché sacrifica sull’altare dell’apparenza tempo e risorse che invece dogiusto ed equilibrato rapporto tra il proprio reddito e il tenore di vita.

Ma come opera la Fondazione?

Innanzitutto occorre precisare che non si rivolge a persone che siano già cadute in usura, per l’assistenza delle quali è competente la Prefettura; ma ac- coglie persone fisiche e piccoli imprenditori che non possono accedere al credito legale ed il cui sovraindebitamento è tale da costituire un reale pericolo di affidarsi al prestito usuraio. Chi bussa alla porta di Via Carlo V viene accolto e ascoltato al fine di conoscere la persona e l’origine dei suoi debiti; quindi si richiede un minimo di documentazione onde poter istruire vrebbero essere maneggiati con moderazione e sapienza».

In queste parole emerge bene il senso e la missione della Fondazione, che dunque non è solo una materiale azione di sostegno, ma anche interventi preventivi di carattere educati- vo ed informativo finalizzati ad insegnare come mantenere un

le pratiche da portare al vaglio del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione, che co- sì decide quali siano idonee alla presentazione presso le banche convenzionate. Sono queste ultime, infine, nella loro autonoma istruttoria, a definire quali linee di credito aprire. In sintesi: la “Santa Maria del Soccorso” è il soggetto proponente nonché – grazie al fondo ministeriale di solidarietà – garante dell’assistito presso gli istituti di credito; la banca è il soggetto deliberante.

Nota dolente: soltanto tre banche del nostro territorio si sono fatte coinvolgere dal progetto antiusura, e solo una è pienamente operativa. Nell’azione ventennale del centro antiusura catanzarese sono passate circa 6.500 perso- ne, di cui 3000 ritenute bisognevoli di assistenza, per 1.532 pratiche accettate. Di queste, dal 1999 ad oggi, le banche convenzionate hanno delibe- rato crediti per un ammontare complessivo di 29 milioni di euro distribuiti su 1.071 persone. Si schermisce mentre ce lo dice, ma questi numeri, secon- do il presidente La Fauci – che nel suo lavoro è coadiuvato dal suo vice Mimmo Barbaro e da cinque volontari – rendono la “Santa Maria del Soccorso” la più importante fra le piccole fondazioni del settore operanti in Italia. Ciò che esprime l’efficienza del lavoro svolto ma, nostro malgrado, anche la cifra di un disagio sociale e la difficoltà di affrontare la vita.

Il presidente La Fauci, una vita trascorsa in banca confrontandosi con “clienti”, ci corregge con consapevolezza quando definiamo allo stesso modo le persone che si rivolgono alla Fondazione: «Non sono clienti, sono assistiti». Effettivamente l’assistenza presuppone qual- cosa che va oltre la dimensione burocratica: si nutre di solidarietà, di relazioni, di sguardi, di ascolto, di consigli. Gli occhi di La Fauci si fanno improvvisamente lucidi nel raccontarci che «si prova una sensazione bellissima quando ci si mette accanto ad una persona per ascoltarla e cercare di risolverne i problemi». E ci confida una storia significativa, fra le cen- tinaia incontrate: un giorno si presenta una giovane donna, ludopatica e indebitata a causa del gioco; le viene suggerito di coinvolgere la famiglia, ma il papà della ragazza si mostra incomprensibilmente indifferente. Lei rimane sola, ma la Fondazione non demorde e istruisce la pratica, e in cinque anni viene fortunatamente estinto il debito. Qualche tempo dopo alla porta della “Santa Maria del Soccorso” bussa un signore disperato, travolto da grossi debiti: è il papà di quella giovane donna, e nell’accoglierlo si scopre che presenta il mede- simo problema causato dalla passione smodata per il gioco. La figlia, interpellata dalla Fon- dazione, viene coinvolta e non si tira indietro, accettando pure di firmare una piccola garanzia a vantaggio del padre.

Storie. Storie sconosciute. Storie che possono essere raccontate solo da chi le ha vissute, come il dottor La Fauci che nel salutarci si commuove an- cora quando ricorda quel tale che, presentandosi più volte al Centro pur vedendosi rifiutata sistematicamente l’istruzione della sua pratica, motivò con queste parole la sua ostinazio- ne nel ritornare a Via Carlo V:

«Qui mi avete fatto sentire un uomo. Non mi avete fatto sentire solo»

di Fabio Lagonia