Vicepresidente della giunta della Camera di Commercio, Tommasina Lucchetti, stila un bilancio assolutamente positivo dell’attività dell’Ente Camerale guidato da Daniele Rossi.

Come procede il suo lavoro all’intero della CCIAA di Catanzaro?

Le Camere di commercio sono enti tradizionali proiettati verso il futuro, gli unici che non registrano crisi di ruolo in un mondo in continua trasformazione, come è principalmente quello economico ed imprenditoriale che esse rappresentano. L’idea, spesso corporativa, che i cittadini hanno di questi enti è a dir poco sbagliata. L’attuale amministrazione della camera di Catanzaro, supportata da un apparato amministrativo invidiabile, ha scommesso dall’inizio sulla comunicazione e sulla condivisione; vogliamo che si capisca che non siamo la “Camera di” bensì la “Camera per”, dove commercio, industria, artigianato e agricoltura sono i nostri scopi e non i nostri mezzi. Non vedo altra opportunità.

 

 

Sicuramente negli ultimi anni l’Ente Camerale ha dato un nuovo imprimatur all’azione stessa. Una scelta fatta per avvicinare l’Ente alla gente?

La Camera di Commercio, industria artigianato e agricoltura è, per definizione, un ente al centro dei veri processi di sviluppo che interessano il territorio. Da quando svolgo questo compito continuo a domandarmi se sia più importante la protezione dell’esistente o la promozione di nuove imprese, ma capisco che la risposta sta nel mezzo: se si ferma la crescita anche il tessuto economico già consolidato rischia l’asfissia. Allora l’impegno di questa Giunta camerale è diventato quello di incoraggiare e promuovere nuove imprese, accompagnando specialmente i giovani a cogliere opportunità che da soli non traguarderebbero. Conoscenza e informazione: questo il binomio che la giunta guidata da Daniele Rossi intende valorizzare e nel quale, anche per esperienza personale, credo fortemente. Su queste direttrici, condivise da tutti il Consiglio, il lavoro procede senza sosta.

 

 

Qual è lo stato di salute delle imprese del nostro hinterland?

Gli indicatori sono problematici, ma è un errore parlare dello stato di salute delle imprese come se fosse un dato assoluto e indipendente dallo stato socio-economico di un territorio, dagli indici demografici che lo caratterizzano, dall’ autorevolezza della sua classe dirigente. In un contesto positivo nascono nuove imprese e si consolidano quelle esistenti, ma non possiamo chiedere agli imprenditori di essere gli unici attori dello sviluppo o di sostituirsi alla pubblica amministrazione. Spesso agli imprenditori del sud si offre poco e si chiede troppo, confondendoli con gli speculatori, che è cosa ben diversa. Noi vogliamo costruire un ampio consenso sociale intorno alle nostre imprese, fare capire che non sono la “controparte” dei cittadini ma strumenti fondamentali di un complessivo sviluppo.

A queste condizioni si andrà avanti.

 

Un bilancio del Jobday?

Ho visto scendere in campo tante imprese incoraggiate dalla possibilità di conoscere in concreto risorse umane spesso ricercate senza fortuna. E tanti giovani logorati nell’attesa di un posto di

lavoro ma ormai convinti che anche un lavori senza posto possa essere una soluzione. I giovani stanno capendo l’importanza di partecipare ai processi produttivi senza pretendere a priori sicurezze che solo i risultati finiscono per accordare loro. È così, oppure continueranno ad attendere e ritarderanno pericolosamente il loro inserimento nel mondo del lavoro. Il messaggio è quello di cominciare ad operare perché il tempo matura il seme ma non ara il campo.